martedì 9 aprile 2013

SPECIALE: NINTENDO VIRTUAL BOY

QUANDO SI FA UN FLOP VERAMENTE IN GRANDE
ANNO: 1995
GENERE: Consolle
SVILUPPATO DA: Gunpei Yokoi - Nintendo





Nel 1995 uno dei più geniali sviluppatori di giochi elettronici (si devono a lui il tasto direzionale sui control pad, la lightgun, il game boy e tante altre meraviglie) si dedicò allo sviluppo di uno dei progetti più fallimentari della storia dei videogames.

Il Nintendo Virtual Boy (o VR-32) era una consolle semi-portatile ideata per soddisfare la richiesta di giochi in realtà virtuale, necessità che si sentiva negli anni 90 e poi andata lentamente fuori moda.

Il sistema era composto da un supporto su cui montare la consolle, che non aveva bisogno di un monitor poiché si appoggiava la faccia direttamente su di essa in modo da guardare i due schermi come fossero stati occhiali, la consolle stessa che funzionava con dei led rossi che proiettavano le immagini perpendicolarmente rispoetto al campo visivo, immagini che si riflettevano su uno specchio oscillante creando così l'effetto stereoscopico, e un joypad abbastanza in linea con quello che si stava sviluppando in quei tempi in quanto a forma.



I giochi erano venduti in cartucce simili a quelle del game boy. Ne furono sviluppati solamente una ventina e non tutti uscirono dal giappone.
La consolle ebbe così scarso successo che un anno dopo, nel 1996, fu messa fuori produzione.



Ma quali furono i motivi di questo stupendo insuccesso?
Innanzitutto c'è da dire che la consolle, secondo il suo ideatore, non era ancora pronta. Quello che fu commercializzato era poco più di un prototipo.
Questo accade quando ai piani alti di un azienda tecnologica si decide che è meglio concentrarsi su un altro prodotto e si vuole vendere subito qualcosa che non è ancora pronto come lo era nella mente del genio che lo ha pensato.
Questo oggettino frutto di un'idea fantastica aveva purtroppo molti limiti.
Intanto il colore dei led che creavano le immagini era uno solo: il rosso.
Questo produceva si l'effetto del 3D ma con performance grafiche pessime.



Inoltre l'utilizzo del Virtual Boy poteva provocare nausea e mal di testa dopo poco tempo se non addirittura danni alla vista, e anche senza questo giocare solo in rosso e nero non pareva una cosa molto gradita ai gamers.
Non da meno come problema fu il cattivo sviluppo dei videogiochi che furono più dei porting di altri giochi piuttosto che concetti atti a sviluppare l'idea di realtà virtuale.

LE MIE CONCLUSIONI:
Probabilmente un fallimento dovuto a un'intuizione sbagliata, in un momento sbagliato, realizzata nel modo sbagliato.
Valeva sicuramente la pena provare, l'intenzione di creare qualcosa di sconvolgente c'era.

Un passo falso nella carriera di un ideatore che ha dato tantissimo ai mondi a 8 bit e di cui l'universo videoludico non avrebbe potuto fare a meno.
Mi è venuto in mente di fare questo articolo vedendo una trasmissione TV in cui una persona ne aveva uno, ricordandomi di aver visto l'oggetto a suo tempo su una rivista del settore ho pensato che poteva essere l'argomento giusto per iniziare a parlarvi di retrocomputing oltre che di videogames nel senso stretto.



Non c'è un voto finale perché sarebbe veramente una disfatta per questo che è comunque un elemento di storia dei videogames e fra l'altro un pezzo veramente affascinante.

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